Alimentazione e Sport

ZUCCA: “REGINA D’AUTUNNO”,  che cos’è, proprietà, benefici.

Hai mai sentito parlare della “regina d’autunno”? Se sii di sicuro si riferivano alla zucca, prezioso e benefico frutto del mese di novembre! Di seguito troverai i valori nutrizionali e i vantaggi di questa speciale bacca.

Che cos’è la zucca?

La pianta è un’erbacea rampicante, dal cui fusto si sviluppano i viticci di ancoraggio. Presenta foglie ruvide di considerevole grandezza. I frutti maturano generalmente dalla fine di agosto agli ultimi giorni di novembre.

Le zucche non sono autoctone. Scoperte grazie alla colonizzazione del Nuovo Mondo nel XVI secolo, sono state importate dal continente americano dapprima come flora ornamentale e qui, solo in un secondo momento, coltivate a scopo culinario. Tuttavia, grazie alle tante varietà coltivate e al perfezionamento delle tecniche e dei metodi di conservazione, la zucca è praticamente presente sul mercato tutto l’anno.

Le specie commestibili coltivate in Italia sono tre:

Valori nutrizionali

Le zucche hanno un basso apporto calorico in virtù della presenza nella polpa di un’alta concentrazione di acqua (circa 94%) e di una bassissima percentuale di zuccheri semplici. Con 18 kcal ogni 100 g, la zucca gialla e cruda contiene:

valori nutrizionali della zucca

Proprietà e benefici

Povera di calorie, ma naturalmente ricca di fibre, la zucca è un ortaggio dalle qualità antiossidanti. Simbolo della festa di Halloween, protagonista di mille ricette, dalle paste fresche ai risotti, dai contorni ai biscotti, tra ottobre e novembre la zucca colora di arancio vivace le vetrine dei negozi e anche le nostre tavole.

Ma la zucca non è solo protagonista di “dolcetti e scherzetti”: le proprietà del frutto per eccellenza della famiglia delle Cucurbitaceae sono davvero tante e, sebbene i benefici della zucca sulla colesterolemia non siano del tutto provati, il buon contenuto di antiossidanti ne fa un alleato indiscusso per il cuore.

Aiuta il sistema immunitario

La zucca contiene ben 599 mg di vitamina A e 9 mg di vitamina C. La prima potenzia le difese dell’organismo, aiuta a combattere le infezioni e sostiene la salute della vista, contrastando l’invecchiamento. La seconda, invece, favorisce la produzione di globuli bianchi, aiuta la funzionalità delle cellule immunitarie e svolge un’azione efficace nella guarigione delle ferite. Oltre a queste due vitamine, la zucca è anche una buona fonte di ferro e acido folico, protagonisti indiscussi nel rafforzamento del sistema immunitario.

Protegge la vista

Secondo alcuni studi, si è visto che le persone che assumevano più beta-carotene (una sostanza che l’organismo è in grado di trasformare in vitamina A) mostravano un rischio significativamente inferiore di cataratta. Inoltre, è anche una delle migliori fonti di luteina e zeaxantina, due sostanze associate a un minor rischio di degenerazione maculare senile. Infine, la presenza delle vitamine C ed E, che funzionano come antiossidanti, può impedire ai radicali liberi di danneggiare le cellule degli occhi.

benedici della zucca

Preserva la salute del cuore e delle ossa

La presenza di nutrienti come potassio, vitamina C e fibre è, secondo gli studi, collegata alla salute del cuore. Ad esempio, alcune ricerche hanno dimostrato che le persone che assumevano con la dieta più potassio, avevano una pressione sanguigna più bassa e un ridotto rischio di ictus, diabete e malattie cardiache.

La zucca poi è anche ricca di antiossidanti, come abbiamo visto, che possono proteggere l’organismo anche dal colesterolo LDL (quello “cattivo”). Infatti, quando le molecole del colesterolo LDL si ossidano, possono accumularsi lungo le pareti dei vasi sanguigni: la conseguenza è il restringimento dei vasi e l’aumento del rischio di malattie cardiache. Il potassio, inoltre, aumenta la densità minerale delle ossa, contrastando il rischio di fratture e osteoporosi.

Sfera urologica

I semi di zucca tradizionalmente vengono utilizzati contro l’enuresi notturna dei bambini e contro la variegata sintomatologia a carico del sistema urologico che può accompagnare l’ipertrofia prostatica benigna, disturbo che comporta l’ingrossamento della ghiandola prostatica (come disturbi minzionali, minzione frequente e minzione frequente notturna, urgenza minzionale, minzione intermittente, ritenzione urinaria, mancato svuotamento della vescica).

Il merito sarebbe dei betasteroli, sostanze strutturalmente simili agli androgeni e agli estrogeni di cui i semi di zucca sono ricchi. Sempre per merito dei betasteroli i semi di zucca sarebbero inoltre in grado di ridurre i livelli di colesterolo nel sangue e di lenire la sintomatologia legata alla carenza estrogenica nella post-menopausa. 

Favorisce il sonno

I semi di zucca contengono un aminoacido speciale, il triptofano. È una sostanza implicata nella produzione di serotonina, chiamata anche “ormone della felicità”. È una molecola sintetizzata dalle cellule del sistema nervoso centrale e dell’apparato gastrointestinale. La sua funzione principale è quella di neurotrasmettitore, cioè regola la comunicazione tra i neuroni. È anche coinvolta nella regolazione del tono dell’umore e del ciclo sonno/veglia.

alleata per la pelle

Amica della pelle

La zucca è ricca di sostanze nutritive che sono ottime anche per la pelle. Sono molte le industrie cosmetiche che, utilizzano oli vergini dai semi della zucca, come texturizzante e stabilizzante nelle formulazioni cosmetiche. Grazie alle sue proprietà emollienti, lenitive, esfolianti, tonificanti, rigeneranti e antiossidanti la zucca è molto utilizzata nella skincare e nella haircare routine.

Per prima cosa, è una buona fonte di beta-carotene che agisce anche come protezione solare naturale, quindi aiuta a proteggere le cellule epiteliali dai danni dei raggi UV. La vitamina C, invece, favorisce la produzione di collagene, una proteina che mantiene la cute forte e sana.

L’olio di zucca, ad esempio, che si ricava dalla spremitura a freddo dei semi, decorticati e tostati, è ricco di acidi oleico e linoleico e di vitamina E. L’elevata presenza di antiossidanti costituisce una protezione efficace dai radicali liberi. È un olio, molto adoperato, che aiuta a nutrire, rigenerare, ringiovanire ed elasticizzare l’epidermide.

La polpa, è ricca di betacarotene, vitamina C, sali minerali tra cui: calcio, potassio, magnesio, sodio e zinco e diversi aminoacidi. Inoltre, stesso dalla polpa, è possibile ottenere notevoli quantità di pectina, un polisaccaride naturale. La polpa è anche ipocalorica, regolarizza l’intestino, drena e rigenera la pelle attraverso un’efficace azione antiage e di riequilibrio idrico a livello cellulare, che previene e attenua anche la formazione di cellulite. 

Tradizioni popolari

Rimedi popolari a base di semi di zucca vedono inoltre il loro consumo contro i vermi intestinali: le potenzialità terapeutiche dei semi di zucca in questo ambito sono legate in particolare alla presenza, al loro interno, della cucurbitina, un aminoacido che sembrerebbe avere potenzialità in grado di contrastare le infezioni da vermi parassiti. 

Dott.ssa Laura Marino   Farmacista

BIBLIOGRAFIA

Messaggio al lettore: Ogni informazione presente in questo blog è puramente a scopo informativo. Non si intende in nessun modo sostituire figure professionali in campo medico e di consulenza.

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Come conservare gli alimenti e come riporli in frigo?

Conservare correttamente significa cercare di mantenere il più a lungo possibile le caratteristiche organolettiche e sensoriali del prodotto, ma soprattutto poterlo consumare a distanza di tempo in sicurezza.

Una corretta conservazione serve a contenere il rischio biologico, ovvero l’ eventuale proliferazione di microrganismi negli alimenti che possono causare infezioni, intossicazioni e tossinfezioni. Lo sviluppo microbico è infatti favorito dalle condizioni di temperatura, umidità e tempo.

Il frigorifero e il congelatore servono proprio a frenare l’attività dei microrganismi o dei processi chimici degradanti e le modalità di conservazione variano in base alla tipologia di alimenti:

Innanzitutto è importante riporre la spesa e consumare gli alimenti secondo la regola FIFO (First In, First Out) “chi prima entra, prima esce”: gli alimenti acquistati per primi devono essere consumati per primi.

Bisogna evitare di consumare gli alimenti appena acquistati quando ce ne sono altri in frigo o nella dispensa da più tempo; in questo modo infatti si rischia di farli scadere.

Come conservare gli alimenti stabili?

Gli alimenti stabili si ripongono nelle dispense, che devono essere spazi freschi, asciutti, bui, lontani da fonti di calore.

Alcuni di questi prodotti, una volta aperta la confezione o avanzati dopo il pasto, vanno riposti in frigorifero. In questo caso bisogna leggere con attenzione le indicazioni riportate in etichetta e cercare di consumare il prodotto entro breve tempo.

Altri consigli pratici:

Come conservare gli alimenti deperibili? Ecco le 9 regole!

Come anticipato prima, gli alimenti deperibili sono quelli che devono essere riposti in frigorifero per la loro conservazione e consumati entro pochi giorni dall’acquisto.

Per la loro corretta conservazione e salubrità, però, è necessario seguire 9 piccole regole che vedremo di seguito passo passo!

1. Pulire regolarmente il frigorifero

Per una corretta conservazione è necessario che il frigorifero sia pulito. Infatti i batteri proliferano molto in fretta sulle superfici interne e i cibi possono venire a contatto con le pareti del frigorifero.

È quindi buona abitudine pulirlo periodicamente, utilizzando prodotti detergenti specifici, aceto, bicarbonato o semplicemente acqua. Il frigo va pulito almeno una volta al mese.

2. Verificare la temperatura all’interno del frigo

È importante collocare il frigorifero lontano da fonti di calore (come il forno o il calorifero), e accertarci che la temperatura interna si mantenga intorno ai 4-5 °C (sulla mensola centrale).

Per mantenere la temperatura costante, inoltre, la porta non va tenuta aperta troppo a lungo, né più frequentemente del necessario.

È importante non fare scorte troppo abbondanti, e posizionare ogni alimento al posto giusto, in base alle diverse temperature interne del frigo.

3. Non fare scorte troppo abbondanti

Evitare di sovraccaricare il frigorifero con troppi alimenti: l’aria fredda deve poter circolare liberamente intorno ai cibi. Se non c’è sufficiente spazio tra i prodotti, l’aria non riuscirà a circolare e la corretta distribuzione della temperatura verrà ostacolata.

4. Posizionare ogni alimento al posto giusto

Il frigorifero deve essere tenuto a una temperatura media di 4°C. Occorre però tener presente che la temperatura all’interno del frigorifero varia in base ai ripiani e alle zone: il punto più freddo è il ripiano più basso sopra al cassetto, quello più caldo lo sportello.

Bisogna quindi posizionare gli alimenti in base alle diverse temperature del frigo per conservare in maniera ottimale tutti i cibi. In particolare meglio usare:

5. Non conservare oltre la data di scadenza.

Per evitare di mangiare accidentalmente cibi dannosi è meglio non accumulare prodotti scaduti all’interno del frigo. Potremmo infatti dimenticarci di controllare l’etichetta quando andiamo a tirarli fuori dal frigo; oppure sbagliare a leggerla, confondendo la data di scadenza con il termine minimo di conservazione.

6. Selezionare gli alimenti da refrigerare

Alcuni alimenti non hanno bisogno di essere refrigerati, anzi, potrebbero esserne danneggiati. Ad esempio la frutta esotica e gli agrumi che il freddo può far diventare amari. Oppure la frutta e verdura che devono ancora maturare. Tutti questi alimenti devono essere conservate a temperatura ambiente.

7. Niente alimenti caldi

Bisogna lasciare raffreddare completamente le pietanze prima di riporle in frigorifero. In questo modo si evitano le condense e i bruschi innalzamenti termici che potrebbero danneggiare i cibi già presenti.

8. Separa gli alimenti

Bisogna separare gli alimenti crudi da quelli cotti o pronti per essere consumati (evitare di riporli anche sullo stesso piano frigo). In questo modo si evita che microrganismi eventualmente presenti in quelli crudi, vengano trasferiti ad alimenti cotti o pronti al consumo.

Si parla infatti di contaminazione crociata (o cross-contaminazione) quando c’è un passaggio diretto o indiretto di microrganismi patogeni da alimenti contaminati ad altri alimenti. La cross-contaminazione rappresenta una delle principali cause di intossicazione alimentare ed è spesso dovuta alla collocazione sbagliata degli alimenti all’interno del frigorifero di casa.

9. Utilizzare contenitori puliti e chiusi

Bisogna utilizzare contenitori puliti e con il coperchio per conservare avanzi o preparati in frigorifero, lasciandoli raffreddare prima di inserirli nell’elettrodomestico.

È sempre buona norma conservare gli alimenti nelle confezioni originali, perché queste riportano la scadenza e indicazioni utili per la conservazione.

I cibi preparati o avanzati vanno conservati in contenitori puliti con il coperchio, aspettando che si siano raffreddati prima di inserirli nel frigo. Bisogna inoltre tenerli staccati dalla parete di fondo del frigorifero, che è una zona umida dove si crea condensa.

In conclusione…

Meglio evitare di riporre gli alimenti semplicemente su di un piatto, perché gocce di liquido potrebbero cadere da un ripiano a quello sottostante.

È possibile usare la pellicola o l’alluminio. Nel caso della pellicola di plastica trasparente fare attenzione alle indicazioni riportate in etichetta, alcune potrebbero essere non adatte all’uso con alimenti ricchi di grassi poiché a rischio di migrazione sull’alimento degli ftalati, una classe di sostanze che viene addizionata al PVC delle pellicole per migliorarne flessibilità e modellabilità. Nel caso dell’alluminio invece meglio evitare il contatto con cibi troppo acidi o molto salati che farebbero rilasciare atomi di alluminio e alterare le proprietà nutrizionali.

Dott.ssa Caterina Fedele – Tecnologo alimentare

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DCA: Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo – ARFID

Tra i disturbi del comportamento alimentare presenti nel DSM-V è citato anche il disturbo evitante/ restrittivo dell’assunzione di cibo. Solitamente insorge durante l’infanzia, ma può svilupparsi a qualsiasi età; infatti, diversi studi esprimono range di età variegati.

Viene inserito nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali solo nel 2013, sebbene fosse già una condizione riconosciuta e documentata come un comportamento neofobico verso il cibo e soprattutto verso i nuovi cibi.

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Come si fa a diagnosticare tale disturbo?

Secondo il DSM-V la diagnosi di ARFID si pone quando c’è un mancato raggiungimento delle proprie necessità nutrizionali e/o energetiche, tale da determinare una o più conseguenze:

  • Significativa perdita di peso o incapacità di raggiungere l’aumento di peso atteso (crescita ponderale normale dello sviluppo)
  • Carenza nutrizionale significativa
  • Dipendenza dall’alimentazione enterale o supplementi nutrizionali orali per mantenere il peso o lo stato nutrizionale
  • Marcata interferenza con il funzionamento psicosociale

I comportamenti restrittivi influenzano notevolmente la vita sociale dell’individuo, il suo stato d’animo, le sue condizioni mediche e fisiche ed è bene evidenziare come, alla base di tale restrizione e/o evitamento, non ci sia una volontà di perdita di peso o una insoddisfazione per le proprie forme corporee.

Nell’ARFID sono stati proposti tre sottotipi:

  • Apparente mancanza di interesse per il mangiare o per il cibo a causa di difficoltà emotive come preoccupazioni, ansia o tristezza.
  • Preoccupazione relativa alle conseguenze negative del mangiare dovuta alla paura di soffocare, vomitare o stare male.
  • Evitamento sensoriale del cibo, legato alle caratteristiche sensoriali del cibo come l’aspetto, la consistenza, l’odore, la temperatura, il colore Si evitano alcuni alimenti perché, in anticipo,si pensa di non tollerare certe caratteristiche.

In molti casi questa forma di alimentazione selettiva si risolve spontaneamente nell’adolescenza, quando la pressione dei pari si associa ad un allargamento della varietà dei cibi assunti.

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Terapia

Ad oggi diversi tipi di percorsi di cura per il trattamento dei molteplici profili di ARFID sono stati messi in atto ed altri sono ancora in fase di sperimentazione.

Sicuramente di fondamentale importanza è saper discriminare tra un comportamento alimentare selettivo definito “picky eating”, che tende a migliorare e risolversi con la crescita del bambino, da un vero e proprio disturbo di ARFID strutturato che persiste nel tempo e che compromette seriamente lo sviluppo fisico e cognitivo del bambino.

Come per tutti i DCA, anche per ARFID è necessario un approccio terapeutico multidisciplinare integrato affidato a diversi tipi di figure cliniche specializzate. Nei casi più gravi di malnutrizione è richiesta la nutrizione enterale o la supplementazione con ONS, sempre associati alla terapia cognitivo comportamentale, di cui è stata implementata una forma specifica per ARFID (CBT-AR).

Per i quadri clinici di avversione sensoriale è stato testato un programma terapeutico di integrazione sensoriale e di desensibilizzazione orale affidato a terapisti occupazionali, mentre i casi di comorbidità psichiatriche più o meno gravi o a condizioni organiche specifiche sono affidati a specialisti appositamente formati.

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In quest’ottica il ruolo del nutrizionista può essere fondamentale sia in caso di sospetto o conclamato disturbo alimentare, intervenendo ai primi segnali di disagio e rifiuto persistenti del bambino nei confronti del cibo con un appropriato intervento di riabilitazione nutrizionale, sia in fase di prevenzione attraverso un percorso di educazione alimentare e di sostegno alla famiglia.

Dott.ssa Martina Rella – Dietista

BIBLIOGRAFIA

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Come combattere il caldo con l’alimentazione

La natura ci dà un aiuto regalandoci una varietà incredibile di alimenti gustosi e utili all’organismo: tanta frutta e tanta verdura di stagione possono diventare la base per spremute, frullati, alimenti acquosi di vario tipo, insalate, sorbetti, ghiaccioli, centrifugati e così via.

Occhio però al frigorifero: è importante rispettare la catena del freddo e le modalità di conservazione degli alimenti che, in questa stagione, non vanno tenuti troppi giorni in attesa di essere consumati perché rischiano il deterioramento e aumentano il rischio di causare intossicazioni alimentari.

frutta di stagione!

Decalogo anti-afa

  • Il primo precetto del decalogo anti-afa mette al primo posto l’acqua. Bere e bere tanto, evitando le bevande gasate, zuccherose e troppo fredde, è fondamentale. Generalmente si consiglia almeno un litro e mezzo di acqua minerale al giorno ma d’estate, si sa, si suda molto di più del resto dell’anno e dunque è meglio abbondare. 
  • Combattere la disidratazione anche con i succhi di frutta e verdura fresca, da consumare subito dopo la spremitura per evitare l’ossidazione di alcune vitamine.
  • Mangiare poco e spesso: sì agli spuntini, no ai pasti lunghi e abbondanti. Alle diverse portate è da preferire il piatto unico, composto magari da un secondo o un primo e una insalata.
  • Banditi gli alcolici: causano disidratazione, stimolano la sudorazione e limitano l’assorbimento delle vitamine che, in questa stagione, sono elementi preziosissimi per il nostro corpo.
  • Limitare anche il consumo di tè, caffè e cola: sono eccitanti e aumentano la vasocostrizione e la diuresi provocando la disidratazione.
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  • Sì alla verdura, tanta e meglio se cruda: è fresca e ricca di acqua, sazia senza appesantire, ed è un concentrato di vitamine, minerali e antiossidanti.
  • Via libera allora alla fantasia per creare insalate colorate con carote, pomodori, cetrioli, lattuga, ravanelli, peperoni, zucchine, radicchio, sedano, finocchi e fagiolini.
  • Ammessa tutta la frutta: preferibilmente lontano dai pasti principali e con un occhio di riguardo a quella più ricca di acqua come anguria, melone, agrumi (pompelmo rosa e limone). Bene anche le macedonie a base di pesche, albicocche e fragole, molto ricche di acqua, e le ciliegie.
  • Meglio il pesce della carne: più magro e digeribile, soprattutto se cucinato al forno o alla griglia. Il pesce azzurro, in particolare, contiene tanti omega 3. Se proprio non potete fare a meno della carne, preferite quella bianca di pollo o di tacchino, che è proteica ma più leggera della carne rossa.
  • Rinunciate ai salumi, troppo salati e calorici. Allo stesso modo, evitate i condimenti troppo ricchi di sale, i fritti e le salse elaborate, preferite l’olio d’oliva ai grassi animali.

Dott.ssa Saravo Aurora – Biologa Nutrizionista 

BIBLIOGRAFIA

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Estate: voglia di gelato!

Il gelato è una preparazione alimentare portata allo stato solido e pastoso mediante congelamento e contemporanea agitazione. Nell’antichità, probabilmente, si refrigeravano fruttalattemiele e altri alimenti per preservarli e in seguito popoli dediti all’allevamento hanno conosciuto il latte ghiacciato, disponibile nel periodo invernale.

Tracce di antenati del gelato, ottenuti con miscele di riso stracotto, latte e spezie che venivano solidificate tramite l’immersione nella neve risalgono in Cina al 2000 a.C.

Durante la dinastia Tang (618907) si ha notizia di prodotti caseari ghiacciati, fra cui una pietanza preparata con kumiss, latte riscaldato e fermentato, con aggiunta di farina e foglie di canforo e refrigerato prima di essere servito.

Una seconda testimonianza risale al poeta Yang Wanli (11271206) che lodò il latte congelato, servito in una forma croccante, che tuttavia si scioglieva al sole.

la storia del gelato

Nel mondo arabo si diffuse lo sherbet di origine persiana (dove veniva chiamato sharbat), un dessert ghiacciato a base di frutta, acqua, zucchero, spezie e latte o crema di latte.

La coltivazione della canna da zucchero viene importata in Sicilia dagli Arabi nel IX secolo. Lo zucchero è l’ingrediente principale per la preparazione del sorbetto: gli Arabi erano soliti preparare infusi a base di acqua, zucchero, erbe e spezie.

I sorbetti venivano raffreddati attraverso il processo endotermico provocato dall’aggiunta di sali nel ghiaccio: questo era il modo di congelare i sorbetti, ponendoli in recipienti circondati da ghiaccio e sale.

Questa tradizione fu importata anche in Sicilia dove alcuni ritrovamenti testimoniano l’esistenza di ghiacciaie sull’Appennino siciliano: fosse naturali o costruzioni dell’uomo servivano a conservare la neve durante il periodo invernale per poi essere venduta in blocchi durante le stagioni primaverile ed estiva.

Tecnologia di preparazione del Gelato: pastorizzazione, maturazione, mantecatura e rassodamento

Per garantire la riuscita del prodotto finale è necessario svolgere determinate procedura nella giusta sequenza e nei tempi prestabiliti. Vediamole insieme!

Pastorizzazione della miscela

Per “pastorizzazione” s’intende il trattamento termico a cui si sottopone la miscela per garantire la perfetta salubrità e conservabilità del prodotto finito (gelato, in questo caso). 

Il trattamento con il calore, infatti, riduce drasticamente la carica batterica nella miscela e ne permette la perfetta conservazione fino a 3 giorni (alla temperatura compresa tra i 2°C ed i 4°C). Da non dimenticare, inoltre, che il riscaldamento del composto, favorisce lo scioglimento e la perfetta solubilizzazione delle componenti solide presenti.

Durante il processo di pastorizzazione, la miscela viene sottoposta a temperature sì elevate, ma comunque inferiori rispetto a quella di ebollizione. A 100°C, infatti, i componenti della miscela rischierebbero di alterarsi e le qualità organolettiche del gelato potrebbero risentirne.

le fasi fondamentali della preparazione

La pastorizzazione può essere eseguita secondo tre modalità:

  • Elevazione della temperatura della miscela a 65°C e mantenimento per 30 minuti (pastorizzazione bassa)
  • Riscaldamento della miscela a 72°C per 15 minuti (pastorizzazione media)
  • Elevazione della temperatura a 85°C e mantenimento per 2-3 minuti (pastorizzazione alta)

Qualunque sia la metodica di pastorizzazione prescelta, è importante ridurre bruscamente la temperatura finale della miscela a 4-5°C. L’improvvisa riduzione della temperatura è importante per evitare che i batteri resistenti al calore possano riprendere la loro attività. 

Maturazione della miscela

È una tappa importantissima per la messa a punto del gelato. Dopo la pastorizzazione e l’omogeneizzazione, la miscela va lasciata riposare (o meglio “maturare”) per 6-12 ore a basse temperature (4-5°C).

La maturazione della miscela permette alle sostanze solide in essa contenute di idratarsi perfettamente ed agli stabilizzanti di completare la loro azione. Al termine delle 6-12 ore, la miscela avrà raggiunto un perfetto equilibrio e la massa apparirà più densa, cremosa ed omogenea.

Inoltre, la maturazione della miscela è importante per ridurre la formazione dei cristalli di ghiaccio nella successiva fase di congelamento della massa.

Mantecatura del gelato (gelatura o congelamento)

Durante la fase di mantecatura la miscela si trasforma in gelato ed ingloba aria: la massa, dunque, prende vita ed assume le sembianze di una crema densa, compatta e pastosa. Mantecazione, gelatura e congelamento sono tre termini che, in gelateria, sono utilizzati come sinonimi ed indicano appunto quel processo conduce alla formazione del gelato.

Il tempo di congelamento dipende dal tipo di mantecatore che si utilizza e dagli ingredienti della miscela. Chiaramente, più alta è la quantità di zuccheri e grassi nella miscela, più tempo impiegherà il mantecatore per rassodare la massa.

Rassodamento del gelato

A livello artigianale ed industriale, il rassodamento del gelato è una tappa importante che permette alla massa di compattarsi e indurirsi al punto giusto. All’uscita dal mantecatore, infatti, la temperatura del gelato oscilla tra i -5°C ed i -8°C.

i benefici del gelato

Il gelato fa bene? Le 5 proprietà

Anche il gelato, consumato nelle giuste quantità, ha proprietà benefiche, come:

  1. È fonte di vitamine A, B6, B12, C, D ed E
  2. È fonte di minerali, in particolare calcio e fosforo
  3. È fonte di energia: contiene carboidrati, grassi e proteine
  4. Stimola il la produzione di serotonina
  5. Riduce il rischio di cancro.

Sebbene ci sia un’infinità di gusti, aromi ed essenze utilizzate; gli ingredienti da annoverare sono sicuramente l’acqua componente più abbondante, il latte ingrediente fondamentale, zuccheri, grassi, aromi eventuali addensanti ed emulsionanti.

Incredibile a dirsi, ma anche l’aria è un’ingrediente, perché è cruciale per la resa della sofficità e rende il gelato non troppo freddo al palato.

Dott.ssa Caterina Fedele – Tecnologo alimentare

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Il tofu: curiosità, valori nutrizionali e applicazioni culinarie

Il tofu è un alimento vegetale che vede le sue origini in Cina, dove già da tempo era un prodotto frequentemente presente in tavola.

I cinesi lo preparavano in modo molto simile alla preparazione casearia: veniva aggiunta al latte di soia una sostanza minerale a base di calcio che favoriva la coagulazione.

Successivamente il tofu approdò in Giappone e la sostanza usata come coagulante venne sostituita con il nigari, cioè cloruro di magnesio estratto dall’acqua di mare.

Entrambe queste opzioni permangono anche nel nostro contemporaneo e danno vita a due prodotti lievemente differenti:

  • Con il nigari si ottiene un tofu vellutato, ideale per le preparazioni cremose e con un sentore dolce;
  • Con il solfato di calcio si ottiene un prodotto più solido, ideale per la preparazione di secondi, come tocchetti di tofu croccante con delle verdure saltate in padella.

La preparazione del tofu oggi comincia dall’ottenimento del latte di soia: si sciacquano i fagioli di soia, si mettono in ammollo per dieci-dodici ore, ed una volta raddoppiato il loro volume, si macinano con dell’acqua sino all’ottenimento di una purea.

Si fa sobbollire il composto e lo si filtra per eliminare le fibre solide, eventuali residui dei baccelli e per assicurarne l’omogeneità.

Ottenuto il latte di soia, si aggiunge l’agente coagulante, prediligendo il cloruro di magnesio o il solfato di calcio, sulla base del prodotto finale che si vuole ottenere.

Avviene dunque la coagulazione del latte: la parte solida si raggruma e precipita, dividendosi dalla parte liquida. Successivamente questi grumi sono raccolti ed inseriti in forme, poi pressate, così da ottenere dei panetti compatti, che saranno poi raffreddati a bagnomaria.

Ecco che il tofu al naturale è pronto per essere confezionato e venduto. Alcuni panetti possono poi subire dei trattamenti aggiuntivi, al fine di esaltarne il sapore, grazie all’aggiunta di spezie o di erbe aromatiche, affumicatura o fermentazione.

quali sono i suoi benefici?

Valori nutrizionali

Il tofu è quindi un prodotto a base vegetale che potremmo introdurre nella nostra alimentazione grazie ai suoi ottimi valori nutrizionali.

Infatti, per 100gr di prodotto le energie fornite sono pari a 119 kcal, di cui il maggior apporto è a carico delle proteine: ben 13gr per 100gr.

Considerando che la qualità delle proteine dei legumi in generale, e quindi anche della soia, sia lievemente più bassa rispetto a quella dei prodotti animali, è bene associare al consumo di tale prodotto dei cereali, così da completare il profilo amminoacidico.

È inoltre privo di colesterolo, possiede molti flavonoidi ed è ricco di lecitina, un fosfolipide con azione anticolesterolo poiché agisce sui grassi presenti nel sangue, andando a prevenire i depositi di grasso nelle arterie e riducendo il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari. Sebbene non ci siano prove scientifiche sufficienti a supportare questa loro azione.

Comprende inoltre Sali minerali come potassio, ferro e fosforo e medie quantità di calcio.

come cucinarlo correttamente?

Ricette ed utilizzi

Molto utilizzato nella cucina vegetariana e vegana il tofu è un prodotto abbastanza versatile. Infatti, può essere utilizzato sia in preparazioni dolci che in quelle salate.

Può essere sbriciolato e mescolato con una purea di patate, pangrattato e piselli e lavorato fino ad ottenere dei burger vegetali; può essere tagliato a tocchetti e saltato in padella con delle verdure e della salsa di soia. Può essere utilizzato come crema per delle crostate vegane.

Con questo alimento è bene non togliere spazio alla nostra fantasia e cercare di introdurlo al meglio nella nostra cucina!

Dott.ssa Martina Rella – Dietista

BIBLIOGRAFIA

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Alche che’??? Alchechengi.

Mai sentito parlare dell’Alchechengi? Si tratta di una pianta di origine orientale le cui bacche arancioni hanno una forma molto caratteristica, avvolte da un involucro particolare che le rende simili ad una piccola lanterna.

L’Alchechengi è il frutto della pianta Physalis alkekengi che appartiene alla famiglia delle Solanacee. Assomigliano un po’ a dei pomodorini in un involucro costituito da foglie molto sottili che gli danno il caratteristico aspetto di lanterne, vengono chiamate per questo “lanterne cinesi” e le piante si utilizzano anche per abbellire i giardini orientali.

La pianta dell’Alchechengi è originaria dell’Europa e dell’Asia. Il nome che gli è stato attribuito deriva dalla parola araba latinizzata “al-kakang” che vuole dire proprio lanterna cinese.

Alchechengi , frutto di Physalis alkekengi

Queste bacche sono particolarmente diffuse soprattutto in Oriente ed in America latina dove si consumano frequentemente in autunno e vengono apprezzate non solo per il gusto particolare ma anche per le loro proprietà nutrizionali ed effetti benefici sull’organismo.

Alchechengi, proprietà

L’Alchechengi è un frutto particolarmente apprezzato dalla Medicina Tradizionale Cinese che lo utilizza ad esempio come rimedio naturale depurativo utile a stimolare la diuresi e quindi perfetto nel trattamento di tutte quelle patologie del corpo in cui è presente ristagno di liquidi.

Molto utile anche per le problematiche legate all’eccesso di acido urico dato che le sostanze contenute in queste bacche ne favoriscono l’eliminazione attraverso l’urina. Si utilizza in questo caso non il frutto fresco ma un estratto a base dei suoi principi attivi, più concentrato.

Grazie alla presenza al suo interno di Vitamina C e altri principi attivi che favoriscono il benessere del sistema immunitario, questi frutti sono utili anche per tenere lontani i malanni di stagione oltre che altri tipi di infezioni come le cistiti.

Come sappiamo, inoltre, questa vitamina è in grado di aiutare il corpo in caso di raffreddore, influenza, ecc. favorendo una guarigione più rapida. È per questo che l’Alchechengi può essere considerato un po’ come un’aspirina naturale. Sono inoltre emollienti, leggermente lassativi e ricchi in antiossidanti.

Ricapitolando le proprietà dell’Alchechengi sono:

  • Diuretico
  • Depurativo
  • Favorisce l’eliminazione di acido urico
  • Aiuta il sistema immunitario
  • Aiuta la guarigione in caso di raffreddore, influenza, cistite
  • Emolliente
  • Leggermente lassativo
  • Antiossidante

Alchechengi, benefici

In base alle diverse proprietà di cui dispone, l’Alchechengi può essere un buon rimedio naturale in caso di ritenzione idrica ma può aiutare anche a tenere lontani problemi di calcoli, cistite, gotta e infezioni di tipo virale.

Nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata si possono consumare Alchechengi per rafforzare il sistema immunitario e depurare il fegato. Ricapitolando i benefici dell’Alchechengi si evidenziano in caso di:

Alchechengi, valori nutrizionali e calorie

I valori nutrizionali dell’Alchechengi sono molto interessanti. Da notare soprattutto la presenza di vitamina C che risulta essere molto più alta di quella di tanti altri frutti (ad esempio del limone).

100 grammi di Alchechengi contengono:

  • Acqua 85,4 g
  • Carboidrati 14 g
  • Proteine 2,38 g
  • Grassi 0,97 g
  • Vitamina C 11 mg

100 grammi di Alchechengi apportano circa 53 kcal al nostro organismo.

alimento funzionale ricco di nutrienti!

Come si mangia l’Alchechengi?

L’Alchechengi si può mangiare così com’è, l’importante è togliere l’involucro in cui si trovano le bacche. Le foglie che lo rivestono, infatti, non sono commestibili visto che contengono alte dosi di solanina, sostanza tossica.

Le bacche sono gialle-arancioni, non contengono molto succo e hanno un sapore un po’ acidulo che ricorda un po’ quello del pomodoro e del lampone ma anche degli agrumi. Prima di consumarle si consiglia di lavarle molto bene in particolare nella parte in alto, quella che era attaccata alla pianta, dove si potrebbe essere raccolta una sostanza resinosa.

Bisogna assicurarsi che siano di un bel colore arancione e sodi. Non devono avere ammaccature o il calice essere avvizzito. Se ben maturo il frutto si può conservare in frigo per circa 2 giorni, l’alternativa è congelarlo eliminando prima i calici.

Se invece le bacche devono ancora arrivare a completa maturazione si possono lasciare a temperatura ambiente fino a quando non diventano di un bel colore arancione.

Alchechengi in cucina

Il modo più semplice di mangiare Alchechengi è consumare le sue bacche così come sono tagliate a pezzi e magari aggiunte ad una macedonia di frutta, o ricoperte di cioccolata.

Visto il suo sapore molto particolare, potrebbe non essere semplice utilizzare l’Alchechengi in cucina. È possibile utilizzare sia le bacche fresche che quelle secche o in polvere per realizzare infusi o aromatizzare dolci.

Si presta bene a realizzare una confettura che si può poi spalmare sul pane a colazione o merenda ma che si può anche utilizzare per farcire crostate e torte. Come abbiamo già detto gli Alchechengi si sposano molto bene con il cioccolato fondente. Ecco allora una ricetta per ricoprile e farle diventare uno gustoso snack.

Non solo ricette dolci! Con queste bacche si può realizzare senza molta fatica anche un originale e particolarissimo risotto. 

Controindicazioni

A meno che non si abbiano specifiche intolleranze o allergie alle solanacee, il consumo di alchechengi non presenta grosse controindicazioni. Se si assume a scopo curativo e non se ne fa un consumo alimentare saltuario è bene chiedere consiglio al medico se si fa contemporaneamente uso di farmaci (soprattutto diuretici). Ricordiamo che le foglie che circondano le bacche non vanno mai assunte in quanto tossiche possono provocare infatti nausea, vomito, diarrea, mal di testa e altri fastidiosi sintomi.

Dottoressa Caterina Fedele – Tecnologo alimentare

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Idratazione e estate

L’equilibrio idrico è molto importante per il nostro organismo ed è regolato da meccanismi di diffusione tra le cellule e l’ambiente circostante (osmosi). L’acqua è fondamentale per la “comunicazione” fra le nostre cellule, costituisce i fluidi corporei, è il mezzo per portare nutrimento agli organi ed eliminare le scorie.

Quando l’acqua nel corpo scarseggia?

Se l’idratazione è insufficiente, si ha una concentrazione maggiore di sali minerali che causa il prelievo di acqua dall’interno delle cellule con restringimento del loro volume. Questo provoca una reazione a catena che porta in contemporanea allo stimolo della sete e al risparmio di acqua da parte dei reni.

La produzione di un’urina più concentrata, porta a un costo maggiore in energia e di una maggiore usura dei loro tessuti. Di conseguenza, bere abbastanza acqua aiuta a proteggere questo organo vitale. Una scarsa idratazione può determinare l’insorgere di spossatezza, crampi muscolari e nausea.

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Quali sono i cibi più ricchi di acqua?

Moltissima è la frutta e la verdura ricche d’acqua nei mesi caldi dell’anno: cetrioli, pomodori, ravanelli, ananas, melone, anguria che oltre all’acqua forniscono minerali come potassio e magnesio.

Inoltre, in estate, sono utilissimi i frutti di bosco, ricchi di antocianine che rafforzano i capillari messi a dura prova dal caldo. Estratti e le centrifughe di verdura e frutta possono essere degli ottimi “integratori” di liquidi e concentrati di sali minerali e vitamine, ma hanno poca fibra ed è buona norma comporre i mix favorendo la verdura rispetto alla frutta per evitare gli eccessi in fruttosio.

Le altre bevande

The e caffè: ricchi di polifenoli contengono però sostanze (caffeina, teofillina) con effetto stimolante sul sistema nervoso centrale, vanno quindi moderate. Attenzione estrema agli energy drink, ricchi di caffeina, altri stimolanti come la taurina e zuccheri.

Bibite e succhi zuccherati: Dovremmo evitare non solo di aggiungere zuccheri a latte, the e caffè, ma anche di consumare bevande industriali che li contengono, spesso in grande quantità: cola, aranciata ecc..ma anche i succhi zuccherati.

Tisane ed infusi: Se senza zucchero possono essere consumati con tranquillità, a patto di non essere sensibili ai principi attivi delle piante da cui sono derivati.

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Alcolici: Sono nemici dell’idratazione, favoriscono una maggiore perdita di liquidi. Inoltre l’alcol è una sostanza tossica e cancerogena. Meglio non bere e se si beve non superare le quantità associate ad un rischio basso: un bicchiere di vino o una lattina di birra al giorno per la donna, due per l’uomo.

Va ricordato che è importante mantenere un’idratazione adeguata in qualsiasi situazione. Infatti, semplicemente respirando, si perdono tra i 250-350 millilitri di acqua al giorno. Per questo motivo bisogna tenere presenti alcuni accorgimenti:

  • È bene idratarsi con più frequenza se si verifica un aumento della sudorazione, o in caso di diarrea o vomito.
  • Bisogna fare attenzione quando si è in montagna, perché in alta quota si tende a urinare più spesso e la frequenza respiratoria aumenta.
  • Il fabbisogno di acqua aumenta durante gravidanza e allattamento, va da 2 fino a 3 litri per le donne che allattano.
  • Se si sente molto caldo, bagnare il corpo per diminuire la temperatura.

Per concludere, l’acqua non solo ha effetti positivi sulla salute e il benessere dell’organismo, ma ha anche risvolti da un punto di vista estetico: rende la pelle più liscia e conferisce forma e rigidità ai tessuti

Dott.ssa Saravo Aurora – Biologa Nutrizionista 

BIBLIOGRAFIA

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Alimentazione e Sport

Osteopatia, roba per … bambini

Quando si pensa all’osteopatia nell’immaginario collettivo si pensa subito a qualcosa che riguardi grosse manipolazioni (tecnicamente definite thrust), trattamenti intensi e dolorosi; non di rado è capitato,nella mia decennale esperienza, che molti pazienti mi confessassero la loro “preparazione psicologica” al trattamento a cui ho spesso fatto seguire un dolce sorriso oltre che una spiegazione un po più dettagliata.

Di fronte a questi casi esordisco sempre con un “ ma signor/a si immagini che l’osteopatia per roba per…bambini!” e , effettivamente, non scherzo affatto: difatti l’osteopatia spesso viene identificata più per le tecniche che per la sua filosofia di approccio, ma restando in ambito tecniche non si contano le innumerevoli strategie manipolative “dolci”, appunto per…bambini.

Basta un piccolo giro web su Pubmed per rendersi conto di quante ricerche stiano emergendo rispetto all’osteopatia pediatrica in virtù della sua efficacia sia nel miglioramento del quadro clinico dei nostri piccoli pazienti che dal punto di vista strettamente preventivo.

Ma entriamo più nel dettaglio: perché mai un bambino, un neonato in particolare, dovrebbe avere bisogno dell’osteopata?

Come già accennato, l’intervento dell’osteopata può avere varie ragioni tra cui quella di intervenire su problematiche già in essere, come,per esempio,la plagiocefalia posizionale (la più trattata dagli osteopati e il principale motivo di consulto), ossia una un’anomalia morfologica tipica degli infanti caratterizzata dall’appiattimento della regione posteriore della testa.

Questa deformazione che, tra l’altro, è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni a causa della (giustissima) raccomandazione da parte dei pediatri di tenere i bimbi fino ai primi 6 mesi di vita prevalentemente in posizione supina (a pancia in su) per evitare quelle conosciute come “morti in culla”, generalmente hanno remissione spontanea invitando i genitori ad abituare il bimbo a dormire su entrambi i lati anche se ,spesso, si rivela utilissima la mano dell’osteopata per accelerare il riposizionamento cranico e quindi la scomparsa della plagiocefalia.

A tal proposito vien da sé che il fattore tempo risulti determinante: studi hanno dimostrato come il periodo ideale per una totale risoluzione sia tra 0 e i 4 mesi di vita. Occorre precisare che la diagnosi è sempre medica, dunque sarà il neonatologo o pediatra di riferimento a riferire la necessità di un intervento manuale da parte dell’osteopata che, ormai da anni ,ha preso sempre più piede rispetto al famoso “caschetto”. Non è di pertinenza osteopatica ma chirurgica la plagiocefalia sinostotica, ossia una saldatura precoce di una o più suture craniche.

foto di Giuseppe Bux

Ma quali sono le cause della plagiocefalia?

Di quella da posizione supina ne abbiamo già discusso, ma ci possono essere altre motivazioni tra cui:

  • parto cesario
  • difficoltà legate alla fase espulsiva del parto
  • posizioni assunte nel periodo intrauterino
  • parto gemellare

Ma è l’unica problematica trattata? La risposta è NO! l’efficacia della pratica osteopatica si dimostrata di grande supporto ad altre figure oltre a quella medica(una su tutte l’ostetrica!!!) per:

  • coliche gassose
  • reflusso
  • insonnia
  • irritabilità

Si, ma… come???

In questo l’osteopatia è universale e non distingue adulti da infanti: ricerca la salute, spinge il corpo a fare quello che sa fare meglio: ESPRIMERE LA VITA ATTRAVERSO IL MOVIMENTO. Se un corpo è libero da tensioni (pensate che i bambini non ne abbiano solo perché non possono dirlo?), sarà libero di muoversi, di esprimersi, di funzionare bene, di vivere al massimo ed è qui che l’osteopatia è assolutamente e inconfutabilmente vincente.

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Alimentazione vegana

Si sente parlare dell’alimentazione vegana ormai da tempo, ma sappiamo in che cosa questa consista? Abbiamo delle idee circa i benefici che derivino dal seguire una dieta su base totalmente vegetale?

Tanti possono essere gli interrogativi e le risposte non saranno mai univoche, ma possiamo cercare quanto più possibile di capirci qualcosa.

Photo by Daria Shevtsova on Pexels.com

L’alimentazione vegana ha delle origini non troppo antiche, difatti solo nel 1944 si forma la “Vegan Society” e si iniziano a definire i pilastri di questo stile alimentare: l’esclusione dei prodotti di origine animale ed anche dei loro derivati (latticini, formaggi, miele, uova).

Partendo da questo modello, si formano anche altre correnti alimentari: l’alimentazione latto-ovo-vegetariana, che vede l’inclusione dei derivati animali, quali uova e prodotti caseari; la dieta ovo-vegetariana, con la sola introduzione delle uova. Vi è poi chi introduce solo pesce, seguendo quindi una dieta pesco-vegana, o ancora la dieta flexitariana, dove vi sono tutti i prodotti di origine animale e i loro derivati, ma consumati in piccola quantità.

Insomma, varie possibilità, che hanno come obiettivo comune un ridotto consumo di prodotti animali e derivati.

Ma torniamo alla nostra dieta vegana e cerchiamo di capire come poterla strutturare in modo corretto, perché, possiamo dirlo, è una dieta adatta a tutti e perseguibile nel tempo, l’importante è rispettare pochi piccoli accorgimenti.

Come organizzare una dieta vegana bilanciata ?

Come per la dieta mediterranea, alla base c’è il consumo di acqua, l’invito alla pratica di attività fisica regolare ed infine, ma non per importanza, la convivialità e il piacere del mangiare sano. Segue poi il consumo quotidiano di frutta e verdura, cereali integrali, legumi ed in cima grassi di origine vegetale, derivanti da frutta secca, oli vegetali come l’olio di oliva, olio di semi di lino ed olio di noci.

Di fondamentale importanza è:

  • l’integrazione della vitamina B12, come integratore singolo e non come multivitaminico;
  • l’introduzione di omega3;
  • il calcio;
  • il ferro.

1-2 cucchiaini di olio di semi di lino spremuti a freddo per una carica di omega3; vegetali a foglia verde scuro, mandorle, semi e crema di sesamo 100% e prodotti vegetali supplementati con calcio (ad esempio latte e yogurt di soia) per il fabbisogno di calcio ed infine vegetali a foglia verde, lenticchie, ceci, pomodori secchi, magari accompagnati con della vitamina C presente nella frutta (arance, limoni, mandarini, fragole, kiwi, pompelmi), ma anche nella verdura (peperoni, pomodori, rucola, cavoli, cavolfiori) per migliorare l’assorbimento del ferro.

Ci sono anche dei fattori inibenti o limitanti l’assorbimento del ferro, per cui sarebbe utile non esagerare nel consumo di tè e caffè, contenenti tannini, evitare associazione con prodotti ricchi in calcio, troppe fibre e fitati, quest’ultimi presenti nei cereali integrali e negli spinaci.

Ma è davvero necessario consumare prodotti come tofu, seitan, tempeh per raggiungere la nostra quota proteica quotidiana? La risposta è no, perché la nostra alimentazione ricca in legumi ci permette tranquillamente di raggiungere il nostro fabbisogno proteico, se è questo a preoccuparci. Però nessuno ci vieta di provare nuovi sapori e nuovi prodotti, l’importante è saper leggere l’etichetta e cercare un prodotto senza troppo sale e con una lista di ingredienti corta.

Vediamo quindi un esempio di una giornata tutta al vegetale

  • COLAZIONE: Cappuccino con del latte di soia, pane integrale con marmellata senza zuccheri aggiunti e crema di mandorle 100%.
  • SPUNTINO: 1 frutto con della frutta secca non salata.
  • PRANZO: Pasta integrale con ratatouille di verdure e ceci al curry, accompagnata con delle verdure crude come carote e caroselli.
  • SPUNTINO: 1 quadratino di cioccolato fondente con 1 frutto.
  • CENA: Panino integrale con burger di lenticchie, accompagnato da un’insalata di rucola con pomodori secchi, arancia, noci.

Ma quali sono quindi gli effetti benefici derivanti dal seguire una dieta vegana?

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Sicuramente una dieta su base vegetale vede un ridotto introito di acidi grassi saturi, di colesterolo ed in generale una ridotta densità calorica dei cibi.

Il tutto si riflette con un mantenimento di un peso corporeo sano, associato anche ad una migliore funzione cardiovascolare e una migliore sensibilità insulinica, oltre ad una riduzione delle patologie croniche, grazie al controllo di fattori di rischio cardiovascolare come obesità addominale, elevata pressione arteriosa, alterato assetto lipidico e glicemico.

Diamo quindi spazio ai prodotti vegetali e cerchiamo di rendere la nostra alimentazione quanto più ricca possibile di frutta, verdura e legumi!

Dott.ssa Martina Rella – Dietista

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