Alimentazione e Sport

Osteopatia, roba per … bambini

Quando si pensa all’osteopatia nell’immaginario collettivo si pensa subito a qualcosa che riguardi grosse manipolazioni (tecnicamente definite thrust), trattamenti intensi e dolorosi; non di rado è capitato,nella mia decennale esperienza, che molti pazienti mi confessassero la loro “preparazione psicologica” al trattamento a cui ho spesso fatto seguire un dolce sorriso oltre che una spiegazione un po più dettagliata.

Di fronte a questi casi esordisco sempre con un “ ma signor/a si immagini che l’osteopatia per roba per…bambini!” e , effettivamente, non scherzo affatto: difatti l’osteopatia spesso viene identificata più per le tecniche che per la sua filosofia di approccio, ma restando in ambito tecniche non si contano le innumerevoli strategie manipolative “dolci”, appunto per…bambini.

Basta un piccolo giro web su Pubmed per rendersi conto di quante ricerche stiano emergendo rispetto all’osteopatia pediatrica in virtù della sua efficacia sia nel miglioramento del quadro clinico dei nostri piccoli pazienti che dal punto di vista strettamente preventivo.

Ma entriamo più nel dettaglio: perché mai un bambino, un neonato in particolare, dovrebbe avere bisogno dell’osteopata?

Come già accennato, l’intervento dell’osteopata può avere varie ragioni tra cui quella di intervenire su problematiche già in essere, come,per esempio,la plagiocefalia posizionale (la più trattata dagli osteopati e il principale motivo di consulto), ossia una un’anomalia morfologica tipica degli infanti caratterizzata dall’appiattimento della regione posteriore della testa.

Questa deformazione che, tra l’altro, è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni a causa della (giustissima) raccomandazione da parte dei pediatri di tenere i bimbi fino ai primi 6 mesi di vita prevalentemente in posizione supina (a pancia in su) per evitare quelle conosciute come “morti in culla”, generalmente hanno remissione spontanea invitando i genitori ad abituare il bimbo a dormire su entrambi i lati anche se ,spesso, si rivela utilissima la mano dell’osteopata per accelerare il riposizionamento cranico e quindi la scomparsa della plagiocefalia.

A tal proposito vien da sé che il fattore tempo risulti determinante: studi hanno dimostrato come il periodo ideale per una totale risoluzione sia tra 0 e i 4 mesi di vita. Occorre precisare che la diagnosi è sempre medica, dunque sarà il neonatologo o pediatra di riferimento a riferire la necessità di un intervento manuale da parte dell’osteopata che, ormai da anni ,ha preso sempre più piede rispetto al famoso “caschetto”. Non è di pertinenza osteopatica ma chirurgica la plagiocefalia sinostotica, ossia una saldatura precoce di una o più suture craniche.

foto di Giuseppe Bux

Ma quali sono le cause della plagiocefalia?

Di quella da posizione supina ne abbiamo già discusso, ma ci possono essere altre motivazioni tra cui:

  • parto cesario
  • difficoltà legate alla fase espulsiva del parto
  • posizioni assunte nel periodo intrauterino
  • parto gemellare

Ma è l’unica problematica trattata? La risposta è NO! l’efficacia della pratica osteopatica si dimostrata di grande supporto ad altre figure oltre a quella medica(una su tutte l’ostetrica!!!) per:

  • coliche gassose
  • reflusso
  • insonnia
  • irritabilità

Si, ma… come???

In questo l’osteopatia è universale e non distingue adulti da infanti: ricerca la salute, spinge il corpo a fare quello che sa fare meglio: ESPRIMERE LA VITA ATTRAVERSO IL MOVIMENTO. Se un corpo è libero da tensioni (pensate che i bambini non ne abbiano solo perché non possono dirlo?), sarà libero di muoversi, di esprimersi, di funzionare bene, di vivere al massimo ed è qui che l’osteopatia è assolutamente e inconfutabilmente vincente.

Messaggio al lettore: Ogni informazione presente in questo blog è puramente a scopo informativo. Non si intende in nessun modo sostituire figure professionali in campo medico e di consulenza.

colonna
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Il dolore alla colonna vertebrale, una questione di…pancia!

Quanti di noi spesso hanno lamentato dolori alla nostra tanto cara amata colonna vertebrale senza trovare mai soluzioni davvero durature e definitive?

In Italia sono 6 persone su 10 a soffrire di dolori rachidei, senza distinzione tra uomini e donne e circa 15 milioni sono coloro che ricorrono alle cure medico-farmacologiche e strumentali senza, tuttavia, trovare soluzioni soddisfacenti ma soprattutto durature.

Come mai dunque? Possiamo imputare la responsabilità totale del nostro dolore alla colonna esclusivamente a quelle tanto bistrattate vertebre, protrusioni, ernie? Ma siamo proprio sicuri che siano le uniche cause e magari non abbiano complici nascosti?

Purtroppo, un approccio al dolore cronico sempre più iperspecialistico ha fatto sì che il corpo umano fosse sempre più scomposto in tanti piccoli pezzetti, dimenticandoci che manifesta la sua funzione nella sua unità, nelle sue connessioni, nelle sue interazioni.

In questo articolo voglio parlarvi di una di queste connessioni: la vostra pancia!

Photo by Kindel Media on Pexels.com

Ebbene si, molto spesso, infatti, non posso che notare il profondo stupore dei miei pazienti quando spiego loro come in realtà il loro mal di schiena, per esempio, possa essere curato a tavola.

“Ma come!” Vi starete chiedendo, “Non è colpa dei miei kg di troppo, la mia cattiva postura, ma soprattutto le mie 12 ernie e 8 protrusioni?

La risposta è, come sempre, dipende!

Il Kapandji sostiene che una vertebra con un disco intervertebrale sano possa sostenere fino a 180kg di carico!

È indubbio che i sopracitati siano fattori che possano avere un ruolo nella manifestazione dei sintomi ma alzino la mano quanti di voi sanno che un colon irritabile possa essere una causa determinante per il vostro mal di schiena, o a quanti è stato spiegato come il reflusso gastroesofageo possa essere causa di dolore cervicale e/o dorsale?

Approfondiamo un attimo la questione: i nostri visceri non sono sacchetti immobili riposti in una piccola dispensa chiamata cavità addominale, tutt’altro, sono strutture che hanno una mobilità ( movimento nello spazio) e motilità ( movimento intrinseco della struttura viscerale, la famosa peristalsi per fare un esempio).

Ora, immaginate di trovarvi in autobus, magari stracolmo, e trovarvi letteralmente accerchiati da tanta di quella gente da entrare in contatto con tutti gli altri passeggeri…cosa succederà ad ogni movimento voluto e non vostro o della persona che vi è affianco? Ci sarà sicuramente una risposta della persona toccata che dovrà adeguarsi allo stimolo ricevuto. Per complicare ulteriormente la questione. Immaginate adesso che la persone con voi all’interno dell’autobus siano molto più grandi dell’autobus stesso, ma che comunque ci stiate dentro…”impossibile!!!”direte.

Ma andiamo avanti…

I nostri cari organi e visceri nella nostra cavità addominale sono numerosi; tra questi, i più importanti sono: lo stomaco, il fegato, il pancreas, la cistifellea, l’intestino, la milza, i reni, le vertebre lombari etc…

Per darvi un’idea delle dimensioni… l’intestino di un soggetto adulto ha una lunghezza di circa 7m, il fegato è la ghiandola più grande del nostro corpo con un peso tra 1 e 1,5 kg.

Ricordate l’esempio dell’autobus? Bene, adesso sostituiamo il mezzo di trasporto con la cavità addominale e i passeggeri con organi e visceri: comincia ad essere più chiaro l’enorme pressione e relazione meccanica fra contenuto (visceri e organi) e contenente (cavità addominale, di cui fanno parte anche le vertebre lombari)?

Photo by Kat Smith on Pexels.com

A questo si aggiunga un dettaglio: l’esistenza di una sacca, il peritoneo, che contiene la maggior parte dei visceri della cavità addominale, e i mesi, veri e propri legamenti che collegano la parte posteriore di questa sacca alla colonna!

Senza contare gli aspetti neurologici e vascolari che tali forze stimolano e la componente metabolica infiammatoria derivante dalla qualità di ciò che mangiamo e dallo stile di vita che conduciamo.

Il risultato è un gioco di forze e di pressioni in cui il fattore determinante diventa la capacità di adattamento e compenso delle strutture interessate, ivi compresi dischi intervertebrali, vertebre, nervi, muscoli che potranno andare incontro ad infiammazione e alterazione per ridotta o saturata capacità compensatoria.

Gli esempi potrebbero essere molteplici, ma the point is che il problema del mal di schiena non è il carico, ma di come è distribuito, e quindi, iniziamo ad occuparci di cosa lo potrebbe alterare?

A voi le conclusioni…

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Ahia, che male! Maledetta postura…

Quante volte, in preda ad un dolore lancinante o che ci portiamo dietro da parecchio tempo, ci siamo detti: “Ah, maledetta postura…”, oppure, varie figure nell’ambito della salute ci hanno detto: “Devi migliorare la tua postura! È lì il tuo problema…”

Potrei proseguire con moltissimi altri esempi, il filone non cambierebbe: il male dei mali, per le nostre povere ossa e i nostri fragili muscoli, è la postura!

Ma sarà davvero così?

Come nelle più belle favole, con un unico capro espiatorio, la risposta sarebbe “magari!!!” Ma, ahimè, è qui che casca l’asino.

Sarebbe assolutamente più semplice parlare di postura come se stessimo parlando di un bel vestito da indossare e da far modificare dalla nostra sarta di fiducia rispetto alle nostre specifiche esigenze, qualcosa da adattare insomma, qualcosa che subiamo come fosse un carico esterno.

La realtà è ben più complessa e per comprenderla bisogna fare necessariamente un passo indietro e porsi una domanda: possono essere applicate ai sistemi biologici in vivo le stesse leggi che applicheremmo ad una statua o ad una sedia? Possiamo essere “smontati e rimontati” letteralmente nemmeno stessimo parlando di un mobile Ikea?!

La risposta è una ed inequivocabile: NO!

L’essere umano è un sistema complesso che non subisce l’ambiente, bensì ci interagisce, adattando la sua risposta ai miliardi di stimoli che riceve costantemente; parliamo di un equilibrio dinamico in continuo movimento e in continua relazione con il mondo esterno e interno (si ,anche i nostri visceri e le nostre emozioni sono stimoli).

Ne consegue che, la postura, piuttosto che qualcosa da condannare e forzare ad essere “dritta ad ogni costo” secondo i fantomatici parametri di perfezione (basti guardare la fotografia di un embrione e si capirebbe bene come la Natura sia perfetta nella sua imperfezione…) è un elemento da interpretare, un quadro in cui l’artista (il nostro organismo) sta esprimendo un’esigenza, magari più di una o semplicemente la sua natura non necessariamente da modificare.

Fondamentale è comprendere quali, eventualmente, siano gli stimoli errati che stanno spingendo la nostra postura in quella direzione e costruire un’adeguata strategia terapeutica, con l’obiettivo di destrutturare la memoria adattativa del nostro sistema nervoso affinché se ne inserisca una fisiologica; come per magia la nostra postura cambierà autonomamente!

In definitiva quando ci sentiamo dire: “sei storto! Hai problemi di postura! Addrizzati!, Hai la spalla più bassa, avanti etc…” niente paura, un bravo esperto del movimento (osteopata, posturologo, dottore in scienze motorie) sarà la giusta guida per interpretare la tua scultura.

BIBLIOGRAFIA

“GUIDA DI POSTUROLOGIA CLINICA, modelli logico funzionali dell’organizzazione del sistema posturaleMarco Alessandria, Alina Piladieri

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